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IL GRANDE COCOMERO Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 7 maggio 1993
 
di Francesca Archibugi, con Sergio Castellito, Alessia Fugardi, Anna Galiena (Italia, 1993)
"Non sono uno da cinquanta minuti sul lettino, e nemmeno uno da sedativi . Non so nemmeno io, cosa sono". A dirlo è il protagonista de IL GRANDE COCOMERO, Sergio Castellito, giovane medico del disastrato reparto di Neuropsichiatria infantile del Policlinico di Roma. Totalmente dedito - certo, a modo suo - a questi bimbi malati, o anche più semplicemente emarginati. Menomati e cerebro lesi, ma spesso problematici poiché respinti. Così Pippi, la ragazzina tredicenne che gli viene affidata per delle crisi di epilessia, da una mamma approssimativamente borghese che pure ha le sembianze sempre generose di Anna Galiena.Tra Pippi ed il medico nascerà quel rapporto indispensabile di indagine, simpatia ed amicizia; e, trattandosi di una tredicenne dal musetto tanto chiuso quanto sveglio (la sensibile esordiente Alessia Fugardi) il sospetto a rischio di qualcosa in più: il che spiega il cocomero del titolo, che s'ispira a quello tanto atteso dal Linus dei celebri fumetti.

Si sa, come vanno queste cose al cinema: a metà tra l'enciclopedia medica e la sociologia ispirata alla Hollywood di Spencer Tracy. Ma Francesca Archibugi (un esordio felice e sciolto con MIGNON È PARTITA, seguito dal più ambizioso e dimostrativo VERSO SERA) fa le cose più seriamente: ha buon gioco nel denunciare la situazione notoriamente fatiscente delle strutture. E, nel suo lavoro di sceneggiatrice, si appoggia su un'esperienza più che concreta: quella del giovane psichiatra Marco Lombardo Radice, scomparso prematuramente alcuni anni fa, ed autore del saggio "Il raccoglitore nella segale".

"Ogni volta che non c'è altra strada, Pippi fa una crisi d'epilessia", spiega il medico ai genitori scombinati: saggiamente, la regista non pretende di far opera scientifica, ma si limita a reclamare le ragioni prioritarie dell'affetto e dell'amore. Tra il sacrificio della propria vita di adulto, una corsa in motorino nella convulsione del traffico romano e le nottate col panino in corsia, Castellito offre a Pippi, oltre che il suo sapere, ciò che le manca. Senza malizia, ed in modo un tantino monocorde.

Archibugi gioca le sue carte: che sono quelle del cogliere gli umori e le espressioni dell'istante. Di abbandonarsi, generosamente, alla propria spontaneità: modo simpatico, e pericoloso, di farsi strada.

Sulle ali di una musichetta un po' leziosa IL GRANDE COCOMERO attrae allora, per questa sua simpatica spontaneità. Ma, privo com'è di una vera e solida struttura in sceneggiatura (di un itinerario, fisico che si fa morale, come aveva ad esempio l'Amelio di IL LADRO DI BAMBINI) arrischia il prevedibile ed il dimostrativo (come il personaggio svitato e nobile di Castellito, così angelico e tutto di un pezzo, privo di dubbi e sfumature). La volontà, nella sua noncuranza tutta apparente, di mettere tutto in equazione: anche le prime mestruazioni della bimba ormai donna, proprio nel caso non avessimo capito . Con il medico-amico che nemmeno qui si astiene dall'intervenire."


   Il film in Internet (Google)

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